Non è l’uomo che deve battersi contro una natura ostile, ma è la natura indifesa che da generazioni è vittima dell’umanità.

(Jacques-Yves Cousteau) 

La nostra famiglia si dedica storicamente all’agricoltura, da secoli la relazione con la natura ed i suoi frutti è un rapporto vitale e rappresenta l’elemento fondante di una cultura che si rinnova attraverso le generazioni, che oggi diventa salvaguardia e valorizzazione, ricerca dell’eccellenza nella produzioni di vini e rispetto, cura dell’ambiente, consapevolezza, responsabilità verso la bellezza dell’unicità italiana.

Agiamo e ci prendiamo cura di un microcosmo ambientale acquistato dal nonno all’inizio degli anni ’50. Allora la Tenuta prevedeva poderi, coltivati in maniera promiscua, cioè consociando piante di diverso tipo, dove i vigneti erano un seminativo arborato con varietà principalmente a bacca rossa.

I vigneti, allevati con il sistema della “vite maritata”, furono trasformati agli inizi degli anni Settanta. Era il periodo dell’euforia chimica: fertilizzanti, pesticidi e diserbanti sembravano alimentare una cornucopia a getto infinito. In verità, grazie ad alcune caratteristiche dei terreni (suolo, esposizione e vento), non è che di chimica ce ne fosse oltremodo bisogno, così la Tenuta è storicamente attenzionato da agricoltura a basso intervento fito-sanitario. Ma al tempo si doveva fare così e poi le altissime rese erano necessarie per conferire in quantità alla cantina sociale. L’importante era produrre, e molto!

Alla fine degli anni ‘70 del secolo scorso avevamo ripreso a produrre vino direttamente, in minime quantità, per la famiglia e per gli amici.  Per far ciò, avevano individuato una piccola vigna, messa ai margini dei campi più grandi, mai trattata perché scomoda e di difficile accesso.  In sostanza, un piccolo fazzoletto biologico. Quella vigna era forte e produceva uve sanissime e bellissime. 

Cominciammo a sospettare che ci fosse qualcosa di sbagliato del doping somministrato alla terra, che il suolo fosse qualcosa di più di un supporto inerte, che il terroir avrebbe dovuto affrancarsi dalle catena della chimica di sintesi.

Abbiamo quindi scelto la “via del meno”: meno fertilizzanti di sintesi, meno diserbanti, meno pesticidi. Più il “meno” prevaleva, più l’espressione dei vini diventare originale, singolare, “iuxta propria principia”.

Nel 2015 abbiamo chiuso definitivamente la stagione dell’agricoltura convenzionale avviando la conversione all’agricoltura biologica.

La “conversione” non è solo un fatto burocratico o tecnico. È, come vuole la filosofia degli antichi, un “profondo mutamento nel modo di pensare, di sentire, di giudicare le cose”.

Il nostro vino dev’essere sostenibile. Soprattutto, deve far sentire, senza trucchi, la voce singolare e autentica del “terroir”. Per far ciò è necessario partire dalle fondamenta. Cioè dal suolo. Il suolo deve essere vivo, non intossicato, non sterilizzato. Il suolo è un’ecosistema dentro un’ecosistema più grande (la vigna) a sua volta dentro un’ecosistema ancora più grande (l’azienda, il territorio). Tutto è connesso.

Se tutto è connesso, anche le pratiche di vinificazione devono accordarsi per dare spazio alla voce del “terroir”, all’espressione dei suoi tratti più singolari.  Da qui la scelta, anche in cantina, della “pratica del meno”: meno additivi enologici, meno solfiti, meno trattamenti.

Stiamo esplorando quelle che per noi sono nuove terre. E non ci vogliamo fermare ora. Abbiamo da completare il progetto sulla biodiversità, avviato con la messa a dimora di antiche piante da frutto, mettere in produzione il vigneto con le viti maritate, realizzare i giardini e l’orto medievale, così l’attenzione ai boschi ed alle aree tartufigene. Poi, sperimentare la vinificazione con gli orci di creta, così da collegare le due più antiche tradizioni di Ficulle: il vino e la terracotta.

Vogliamo infine conservare una dimensione “a misura d’uomo”, lavorando attorno a produzioni attente e limitate.

Oggi abbiamo cura dell’ambiente a 360°, oggi ci dedichiamo e condividiamo il gioco sapiente che da vita a vini espressione autentica del territorio, consapevoli della responsabilità verso la bellezza italiana, cercando di dedicare alle future generazioni impronte leggere e la profondità di una cultura attenta all’ambiente, rinnovata ancora un volta.